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Scarpette rosse

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca

di fabbrica

“Schulze Monaco”


c’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi di ciocche nere e castane

a Buchenwald


servivano a far coperte per i soldati

non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano prima di spingerli nelle camere a gas

c’è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse della domenica

a Buchenwald


erano di un bambino di tre anni e mezzo

che sa di che colore erano gli occhi bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono


c’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole

Joyce Lussu


Oggi è il giorno della memoria. Ma questo giorno non deve essere solo una commemorazione per i morti. La memoria serve soprattutto per i vivi. Serve a farci ricordare che a commettere gli atti terribili del nazi-fascismo non furono dei super cattivi in stile cinematografico. Quei gesti inumani furono commessi dalla gente comune in divisa e civile, che parteciparono attivamente con la forza o con la complicità cedendo alla propaganda o semplicemente con l’indifferenza a quel momento storico-politico che generò azioni orribili e che portò alla morte di milioni di persone solo perché considerate inferiori o non aderenti all’ordine naturale delle cose. Il giorno della memoria serve a noi vivi a ricordare che il nazi-fascismo rimane latente, come un virus che aspetta solo l’occasione di infettare l’organismo ospite.


La presenza nascosta del nazi-fascismo la troviamo nei discorsi di chi crede che la forza sia l’unico modo di farsi spazio nel mondo, lo troviamo nella concezione che ci sia un ordine naturale delle cose in cui la verità è sempre nel passato e il nuovo debba essere visto con sospetto e rifiutato, nel credere in un ordine naturale che dice come e chi si debba amare, chi si debba essere e soprattutto crede che ciascuno di noi abbia un ruolo ben preciso, come per esempio la donna che nel quadro generale deve assumersi responsabilità particolari, venendo sempre messa in secondo piano come persona rispetto alla sua funzione biologica. Il nazi-fascismo lo troviamo nei discorsi che denigrano la solidarietà perché se qualcuno è in una situazione peggiore della nostra molto probabilmente se l’è cercata, dimenticandosi che se la solidarietà diventasse un verbo, un’azione generale, allora non la si farebbe soltanto ma la si riceverebbe anche.


Il nazi-fascismo lo troviamo nei discorsi che si riempiono la bocca in maniera ipocrita della parola meritocrazia per celare la parola privilegio dei più fortunati, invece di parlare di inclusione per garantire a tutti secondo le proprie caratteristiche, salute, realizzazione e benessere. Ma il nazi-fascismo più subdolo è quello degli indifferenti, quello che fa girare la testa dall’altra parte di fronte alla sofferenza nel mondo, di fronte alla gente che muore in mare, di fronte alla gente che scappa dalla povertà, di fronte al vicino di casa sfruttato al lavoro, di fronte alle violenza subita da chi ama diversamente o si sente altro, di fronte alla violenza sulle donne, perché bisogna pensare ai propri problemi figuriamoci quelli degli altri, dimenticandosi che è nel prendersi cura dell’altro che ci differenziamo dagli animali. Molti storici e archeologi non a caso considerano uno degli elementi principali della nascita della civiltà l’utilizzo della protesi mediche, cioè quando per esempio si trovano resti di persone con una gamba rotta che è stata curata. Gli animali i malati e deboli del gruppo li lasciano indietro, la razza umana, invece, ad un certo punto ha incominciato a prendersene cura.


La memoria serve a noi vivi a ricordare tutto questo. Bisogna tenere a mente che anche oggi ci sono mucchi di scarpette rosse intorno noi, il più vicino è nelle acque del nostro mare. La memoria non deve essere solo una commemorazione, la memoria deve essere uno stimolo ad agire per il bene comune anche solo con piccoli gesti, per essere solidali con gli altri anche solo non girandoci dall’altra parte, per evitare che altri mucchi di scarpette rosse pesino nuovamente sulla coscienza dell’umanità.


ALESSANDRO LOMARTIRE


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